La lingua italiana nel mondo – di Elisabetta Sandri

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L’italiano come eredita’ culturale e mezzo di comunicazione, come moda, vezzo e passione dal primo al terzo millennio.

Il bacino potenziale degli utenti di lingua italiana e’ calcolato in circa 120 milioni di persone, la meta’ in Italia e il resto sparso nei paesi di emigrazione piu’ e meno recente. Un patrimonio che non solo ha un glorioso passato ma anche un presente in espansione. Sono sempre di piu’ infatti le persone che nel mondo si appassionano alla nostra lingua. Chi riscopre le proprie radici (solo in Argentina il 65% e oltre della popolazione ha origini italiane), chi lo fa per lavoro o per amore (il capitolo dei fidanzati/fidanzati meriterebbe uno studio a parte) chi invece si sente italiano d’adozione dopo uno dei viaggi dell’anima nel nostro paese. Qualche dato in più? L’italiano va molto forte nell’Europa dell’Est, in Ungheria è la seconda lingua studiata dopo l’inglese, in Russia contende la seconda piazza a francese e tedesco, in Ucraina è nettamente la prima lingua straniera studiata (dati forniti dall’Accademia delle Scienze di Kiev).

 

Tutte queste persone prima o poi si avvicinano alla nostra lingua. E’ il mezzo piu’ sicuro a disposizione per entrare in sintonia con l’Italia. E’ interessante riscoprire attraverso le loro domande la ricchezza e la potenzialita’ dell’italiano. Ad esempio, il linguaggio musicale parla italiano (dall’andante con brio al fiasco e non parlo di Chianti!). La moda, l’arte si esprimono spesso in italiano. L’esempio straordinario e’ quello di una parola come dolce vita. Non solo e’ una delle espressioni italiane piu’ famose al mondo, ma riesce a comunicare uno stile di vita, un sogno, un’epoca. Ed e’ anche un capo d’abbigliamento a cui e’ difficile rinunciare.

Nella moderna societa’ anglofona o fintoanglofona possiamo invece stupirci per i contributi che l’italiano ha lasciato nelle altre lingue, e non solo in quelle piu’ vicine. Ed insieme al prestito, per quanto rifatto, arriva un modo di pensare e una testimonianza storica. Ogni volta quindi puo’ cominciare un viaggio tra passato e presente, senza perdere di vista il futuro.

Perche’ l’italiano non corrisponde solo a un’identita’ culturale ma diventa anche un mezzo di comunicazione e confronto internazionale. Gli italiani, al contrario di chi continua a vederci come un paese troppo provinciale (ed e’ vero anche questo, ma l’Italia e’ caratterizzata da un fascino contraddittorio), hanno sempre girato il mondo e hanno contribuito con le arti della diplomazia, della filosofia e della politica al destino di molti paesi. Basta leggere un libro di storia o entrare in un qualsiasi museo.

Mentre l’Unesco dichiara che ben 3000 lingue sono destinate all’estinzione, arriva il bilancio positivo sulla salute dell’italiano, per lo meno all’estero.

Un’indagine promossa dalla Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale del ministero degli Esteri e affidata al Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’università La Sapienza sotto la direzione del professore Tullio De Mauro ha inviato un questionario ai 90 Istituti italiani di cultura presenti all’estero, raccogliendo le risposte di 63 degli enti interpellati.

Tra il 1995 e il 2000 si è registrato un aumento del 38% degli studenti che frequentano i corsi di italiano organizzati dagli Istituti stessi, che passano da 33.000 ad oltre 45.000.

Una crescita ancor più significativa è quella del numero dei corsi organizzati, nello stesso periodo passati da 2.346 a 3.684, con una crescita del 57%.

Questo dato statistico è confortato dai miei personali riscontri. In Brasile si insegna l’italiano attraverso canzoni, a Città del Capo e Stellenbosch (Sudafrica) si scrivono delle piccole recite in italiano per invogliare e incuriosire gli studenti, in Croazia, come mi comunica l’ingegnere Vedran Juric, traduttore dall’italiano, esiste e si fortifica una grande tradizione di studi.
Non vi stupirete se vi dico che attualmente la passione dei traduttori croati è la poesia del Cinquecento italiano, dal Bembo ai poeti dalmati che naturalmente scrivevano in italiano. L’ingegner Juric, poeta lui stesso, del quale spero di poter presentare presto i sonetti, mi ha parlato di Mihovil Kombol, Olinko Delorko e Frano Cale, che tanto hanno fatto per diffondere la letteratura italiana.
Questo è un segnale positivo non solo a livello culturale, ma anche a livello politico: in Croazia vive ancora una consistente minoranza italiana che la politica nazionalista degli anni passati ha vieppiù delimitato e frustrato. Ma la cultura può essere un veicolo di pacificazione e conoscenze che sconfigge, a volte, le beghe delle pagine cupe della storia.

Fonte: http://guide.supereva.it/italiano/

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